PERFORMANCE

inizio spettacoli ore 20.45 – domenica ore 16.30

dal 15 al 18 dicembre 2016 – Teatro delle Muse

scritto da Virginia Raffaele, Giampiero Solari, Piero Guerrera, Giovanni Todescan
con Virginia Raffaele
regia di Giampiero Solari

ITC2000

UN VORTICE DI PERSONAGGI PER I MILLE VOLTI DI UN’ARTISTA STRAORDINARIA

Performance è uno spettacolo teatrale nel quale, per la prima volta, Virginia Raffaele porta nei teatri le sue maschere più popolari: Ornella Vanoni, Belen Rodriguez, il Ministro Boschi, la criminologa Bruzzone e tante altre ancora. Donne molto diverse tra loro, che tra arte, spettacolo, potere e politica sintetizzano alcune delle ossessioni ricorrenti della società contemporanea: la vanità, la scaltrezza, la voglia di affermazione e, forse, la scarsa coscienza di sé.
Il tutto raccontato attraverso la lente deformante e irriverente dell’ironia e della satira, tipici elementi che compongono lo stile di Virginia Raffaele. I personaggi monologano e dialogano tra loro, anche grazie alle proiezioni video, in un gioco di specchi e di rimandi. Qua e là, tra le maschere, in scena appare anche Virginia stessa, che interagisce con le sue creature, come una sorta di narratore involontario che poeticamente svela il suo “essere – o non essere”. La musica in scena fa da punteggiatura allo spettacolo, accompagnando i personaggi nelle loro performance, sottolineandone i movimenti, enfatizzandone le manie; conferendo alla spettacolo un ritmo forsennato nel cui vortice i personaggi, Virginia e le varie chiavi di lettura si confondono creando una nuova realtà, a volte folle a volte melanconica: quella dello spettacolo stesso.

IL LAVORO DI VIVERE

inizio spettacoli ore 20.45 – domenica ore 16.30

dall’11 al 15 gennaio 2017 – Teatro Sperimentale

di Hanoch Levin
uno spettacolo di Andrée Ruth Shammah

con Carlo Cecchi
e con Fulvia Carotenuto, Massimo Loreto

per l’allestimento scenico di Gianmaurizio Fercioni
per le luci di Gigi Saccomandi
per i costumi di Simona Dondoni
musiche di Michele Tadini

Teatro Franco Parenti / MARCHE TEATRO

IRRIVERENTE E FOLGORANTE, PIENO DI SPIRITUALITÁ NOBILE E CRUDA REALTÅ

Per la prima volta è in scena in Italia, Il lavoro di vivere, l’opera incandescente e feroce del drammaturgo israeliano Hanoch Levin, il più importante autore e drammaturgo israeliano, premio Bialik per la letteratura 1994.
Carlo Cecchi, uno degli ultimi grandi maestri del teatro italiano, è qui protagonista insieme a Fulvia Carotenuto e Massimo Loreto.
Il teatro di Levin è irriverente: la poesia si nasconde dentro le situazioni più imbarazzanti, i suoi testi sono una commistione di spiritualità nobile e cruda realtà; dalla critica alla cultura borghese ai contrasti tra carne e spirito, “arte e culo”, perché il meschino sogna di stare sotto il riflesso della luce della felicità altrui.
Così avviene anche per Il lavoro di vivere, una storia d’amore fra due persone di mezza età, in cui l’amore appare a barlumi folgoranti, in mezzo a un mare di insulti, parole durissime e rimpianti. Lo spettatore ride di gusto, senza accorgersi che sta ridendo di se stesso.
In questo spettacolo denso e incisivo, teatro e vita sembrano fondersi.
Molto amato in Francia e negli Stati Uniti, Levin, figlio di sopravvissuti all’Olocausto, scomparso nel 1999, fu contestato per le controverse posizioni politiche nei confronti del suo Paese. Di lui, la regista Andrée Ruth Shammah, dice: «è uno che è sempre andato contro il trionfalismo israeliano, che obbliga a mettersi in gioco con una matrice ebraica universale, portando a sfiorarsi commedia e tragedia con la tipica ironia della disperazione». Non è forse sbagliato pensare che il rapporto tra marito e moglie (i personaggi della pièce) ricalchi quello più antico e segreto che l’autore intrattiene con la propria terra, amata e odiata insieme, nei confronti della quale nutre contrastanti sentimenti di desiderato distacco e viscerale attaccamento.

BILLY ELLIOT – IL MUSICAL

inizio spettacoli ore 20.45 – domenica ore 16.30

dal 26 al 29 gennaio 2017 – Teatro delle Muse

musiche Elton John
testi e libretto Lee Hall
tratto dal film di Stephen Daldry
regia originale Massimo Romeo Piparo

Peep Arrow Entartainment / IL SISTINA

LA STORIA DEL BALLERINO CHE HA FATTO SOGNARE INTERE GENERAZIONI DI TALENTI

Billy Elliot il Musical porta in scena una delle storie più amate del cinema europeo. Il giovane Billy ama la danza e in un’Inghilterra bigotta targata Thatcher, l’Inghilterra delle miniere che chiudono e dei lavoratori in rivolta, deve tristemente fare i conti con un padre e un fratello che lo vorrebbero veder diventare un pugile. Il Musical ha debuttato nel West End (Victoria Palace Theatre, Londra) nel 2005 ed è stato nominato per nove Laurence Olivier Awards – il massimo riconoscimento europeo per i Musical – vincendone ben quattro. L’incredibile successo conseguito ha fatto sì che il musical approdasse anche a Broadway nel 2008 dove ha vinto dieci Tony Awards – gli Oscar del Musical – e dieci Drama Desk Awards.
Con le musiche pluripremiate di Elton John in un allestimento dal respiro internazionale “Billy Elliot il Musical” vede in scena un cast di 30 straordinari performers.
La storia del ballerino che fa sognare intere generazioni di talenti è l’evento italiano del 2016, osannato dal pubblico e dalla critica, e la “febbre di Billy Elliot”… è sempre alta.

HUMAN

inizio spettacoli ore 20.45 – domenica ore 16.30

dal 2 al 5 febbraio 2017 – Teatro delle Muse

di e con Marco Baliani e Lella Costa
con la collaborazione drammaturgica di Ilenia Carrone
e con Noemi Medas, Davide Piludu Verdigris, Elisa Pistis, Luigi Pusceddu
scene e costumi Antonio Marras
musiche originali Paolo Fresu
regia Marco Baliani

Sardegna Teatro / Mismaonda / MARCHE TEATRO

MITO E RACCONTO PER UN’INDAGINE SULLA DICOTOMIA UMANO/DISUMANO

Senza rinunciare all’ironia, e perfino all’umorismo: perché forse solo il teatro sa toccare nodi conflittuali terribili con la leggerezza del sorriso, la visionarietà delle immagini, la forza della poesia, Marco Baliani e Lella Costa indagano teatralmente proprio quel segno di annullamento, quella linea che sancisce e recide: esplorare (e forse espugnare?) la soglia fatidica che separa l’umano dal disumano, confrontandosi con le parole, svelando contraddizioni, luoghi comuni, impasse, scoperchiando conflitti, ipocrisie, paure indicibili, toccando i nervi scoperti della nostra cultura riguardo alla dicotomia umano/disumano.

Marco Baliani è partito dal mito per interrogarsi e interrogarci sul senso profondo del migrare. Poi l’incontro con Lella Costa e la reminescenza di un altro mito, ancora più folgorante nella sua valenza simbolica e profetica: Ero e Leandro, i due amanti che vivevano sulle rive opposte del fiume Ellesponto. Prende avvio così HUMAN, dal tema delle migrazioni e dalla volontà di raccontarne l’“odissea ribaltata”.

Ma nel suo farsi vira, incalzato dagli eventi: al centro si pone lo spaesamento comune, quell’andare incerto di tutti quanti gli human beings in questo tempo fuori squadra.

HUMAN debutterà al Ravenna Festival l’8 Luglio 2016 e sarà in tournée sui palcoscenici italiani nella stagione 2016/17 per arrivare, nella stagione successiva, alle sedi istituzionali d’Italia e d’Europa in forma di oratorio, nel tentativo di innescare un rito di partecipazione sul significato profondo di UMANITA’.
Le testimonianze dirette, i brandelli di vita vissuta, le narrazioni tramandate e quelle elaborate sui fatti contingenti; le riflessioni degli autori, i loro ripensamenti, i contributi in video o scritti di quanti accetteranno di esprimersi sull’argomento contribuendo ad arricchirlo di sfumature, faranno parte del diario di viaggio dello spettacolo che sarà possibile seguire on line giorno dopo giorno sul sito www.progettohuman.eu.

DUE

inizio spettacoli ore 20.45 – domenica ore 16.30

dal 23 al 26 febbraio 2017 – Teatro delle Muse

di Miniero – Smeriglia

con Raoul Bova, Chiara Francini

regia Luca Miniero

Compagnia Enfi Teatro

La scena è una stanza vuota. L’occasione è l’inizio della convivenza che per tutti gli essere umani, sani di mente, è un momento molto delicato. Che siano sposati o meno, etero oppure omo. Marco è alle prese con il montaggio di un letto matrimoniale, Paola lo interroga sul loro futuro di coppia. Sapere oggi come sarà Marco fra 20 anni, questa è la sua pretesa. O forse la sua illusione. La diversa visione della vita insieme emerge prepotentemente nelle differenze fra maschile e femminile. Entrambi i due giovani evocheranno facce e personaggi del loro futuro e del loro passato: genitori, amanti, figli, amici che come in tutte le coppie turberanno la loro serenità. Presenze interpretate dagli stessi due protagonisti che accompagneranno fisicamente in scena dei cartonati con le varie persone evocate dal loro dialogo. Alla fine il palco sarà popolato da tutte queste sagome e dai due attori: l’immagine stilizzata di una vita di coppia reale, faticosa e a volte insensata. Perché non sempre ci accorgiamo che in due siamo molti di più. E montare un letto con tutte queste persone intorno, anzi paure, non sarà mica una passeggiata.

Luca Miniero

SERIAL KILLER PER SIGNORA

inizio spettacoli ore 20.45 – domenica ore 16.30

dal 2 al 5 marzo 2017 – Teatro delle Muse

musical di Douglas J. Cohen
da un racconto di William Goldman
traduzione e adattamento di Gianni Fenzi e Gianluca Guidi
traduzione delle liriche Giorgio Calabrese

con Gianluca Guidi e Giampiero Ingrassia

e con Teresa Federico e Alice Mistroni

movimenti coreografici Stefano Bontempi
scene e costumi Annamaria Morelli
direzione musicale Riccardo Biseo
disegno luci Umile Vainieri
voce dello speaker Aldo Ralli
contributi video Giacomo Di Niro e Alfredo Betrò
foto Marco D’Elia

regia Gianluca Guidi

produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro
in collaborazione con il Festival Teatrale di Borgio Verezzi

Cristopher Kit Gill e Morris Bromo sono i protagonisti di Serial Killer per signora. Non si conoscono. Nessuno dei due sa dell’esistenza dell’altro.
Kit è un attore disoccupato, da poco orfano di una madre che ne ha marchiato a fuoco la vita: una grande attrice, troppo impegnata per donare l’affetto e le attenzioni di cui un figlio avrebbe bisogno, della quale Kit tenta di emulare il successo in modo assai diverso.
Morris è un detective della polizia di New York, non più giovanissimo. Ha scelto di rimanere vivo e di non cercare clamori carrieristici. Nemmeno la vita privata brilla: vive ancora a casa con la madre, una signora ebrea invadente e possessiva.
Poi il primo omicidio: commesso da una psiche malata, tanto malata da telefonare al distretto di Polizia per lamentarsi della poca attenzione che la stampa gli ha dedicato.
Kit cerca Morris. Inizia un rapporto simbiotico tra i due e le loro rispettive “carriere”.

“Un killer in città, può provocare il caos, e che detective lo impacchetterà” canta Morris ad un certo punto della commedia. Questa frase stigmatizza il percorso dei due protagonisti. Kit, uccidendo, ottiene la prima pagina del New York Times, secondo la sua mente malata raggiunge il successo. Morris ne diventa l’inseguitore e potenziale carnefice, dando lustro alla sua sbiadita carriera. Nutrendosi uno dell’altro, iniziano una gara senza esclusione di colpi che, inevitabilmente, avrà un solo vincitore.
Se volessimo addentrarci brevemente in una descrizione più profonda del loro rapporto, potremmo tranquillamente asserire che, sebbene in forma assai più lieve e edulcorata, sono l’uno il compendio dell’altro, quasi a voler risvegliare un saggio shakespeariano a firma di René Girard intitolato Il Teatro dell’Invidia in cui si descrive quella spirale che, a partire dal desiderio dell’essere di un altro (il desiderio mimetico), innesca un conflitto la cui violenza è domata solo sporadicamente mediante il sacrificio di una vittima designata.
Si intrecciano le vite dei nostri due eroi e del loro “Amore” (come dice Shakespeare ne I Due Gentiluomini di Verona): l’uno per l’altro, con altri rapporti normali e protagonisti di vite terrene: due madri, tre vittime ed una affascinante giovane donna dell’upper class newyorkese, che contribuirà non poco a mettere confusione nella vita del povero Detective Morris Bromo.
Gianluca Guidi

LE OLIMPIADI DEL 1936

inizio spettacolo ore 20.45

10 marzo 2017 – Teatro delle Muse

di Federico Buffa, Emilio Russo, Paolo Frusca, Jvan Sica

con Federico Buffa

pianoforte Alessandro Nidi
fisarmonica Nadio Marenco
voce Cecilia Gragnani

regia Emilio Russo e Caterina Spadaro

direzione musicale Alessandro Nidi

costumi Pamela Aicardi
luci Mario Loprevite
tecnico luci Giuliano Bottacin
tecnico video Giacomo Delfanti
fonica a cura di Theatre Project
allestimento scenico Cristiana Di Giampietro
foto Laila Pozzo

produzione TieffeTeatro

“Un buco nella storia, ma noi non ce ne accorgevamo affatto”
Wolfgang Fürstner, Le Olimpiadi del 1936. 

Lo spettacolo, partendo dalla narrazione di una delle edizioni più controverse dei Giochi Olimpici, quella del 1936, racconta una storia di sport e di guerra.Le storie dello sport, sono storie di uomini. Sono storie che scorrono assieme al Tempo dell’umanità, seguono i cambiamenti e i passaggi delle epoche, a volte li superano.è capitato a Berlino nel ‘36 quando Hitler e Goebbels volevano trasformare le loro Olimpiadi, o quello che credevano che fossero le “loro” Olimpiadi, nell’apoteosi della razza ariana e del “nuovo corso”. E invece quelle Olimpiadi costruirono i simboli più luminosi dell’uguaglianza. Il primo giorno di gara due atleti neri sul podio del salto in alto: Cornelius Jonshon e Dave Albritton. Al secondo giorno qualcuno consigliò il fuhrer sul fatto che non era più il caso di salutare personalmente gli atleti vincitori di medaglie. Jesse Owens di medaglie ne vinse addirittura 4, due record mondiali e un record olimpico, il tutto documentato, in diretta, con le immagini di Leni Riefensthal. La sua libertà creativa ha consentito di regalare all’umanità la straordinaria smorfia di disappunto di Hitler al terzo oro di Owens. Mentre in quella stessa estate del ‘36 il mondo assisteva in colpevole silenzio alla tragedia della guerra civile spagnola, e la pace scricchiolava sull’asse Roma Berlino Tokyo, le Olimpiadi illuminavano il cielo con un’altra storia, forse la più incredibile. Due atleti giapponesi arrivarono primo e terzo alla maratona di Berlino. Alla premiazione, mentre ascoltavano l’inno, la loro testa era china. Non erano giapponesi, erano Coreani. Il vincitore Sohn Kee-chung, 52 anni dopo, portava dentro lo stadio di Seul la fiamma olimpica del 1988 indossando come una seconda pelle la maglia della sua nazione, la Corea. Le storie dello sport sono storie di uomini, scorrono assieme al tempo, ma a volte lo fermano, quasi a chiedere a tutti una riflessione, una sospensione.Le Olimpiadi del 1936: una storia fatta di tante storie e dentro altre storie.
Noi le raccontiamo all’interno di un luogo senza tempo, un luogo dimenticato, sospeso tra il sogno e la realtà. Le raccontiamo con le parole di chi c’era in quei giorni esaltanti e tremendi, le raccontiamo con lo stile narrativo incalzante di Federico Buffa, le raccontiamo con la musica e le canzoni evocative di un’epoca in bilico tra il sogno e la tragedia, le raccontiamo con le immagini “rivoluzionarie” di Leni Riefensthal.“Le Olimpiadi del 1936” è uno spettacolo che miscela differenti linguaggi teatrali per una narrazione civile emozionale che non trascura gli accenti tragicomici.In scena oltre Federico Buffa, che interpreta la parte di Wolgang Fürstner, comandante del villaggio olimpico, i musicisti Alessandro Nidi, Nadio Marenco e la giovane cantante Cecilia Gragnani, personaggi evocati dal protagonista nel desiderio di poter rivivere quei giorni e quei luoghi della lontana estate del 1936, I giorni delle Olimpiadi di Berlino.

FEDERICO BUFFA – giornalista e telecronista sportivo per Sky, inizia ad occuparsi di basket negli anni ’80 ed è tra i massimi esperti italiani di NBA e sport statunitense. Tifoso del Milan, ha collaborato con il canale tematico rossonero Milan Channel. Nel 2014 incontra un felice successo di pubblico con la trasmissione Federico Buffa racconta storie mondiali, trasmessa su Sky, a cui segue il libro Storie Mondiali, edito da Sperling & Kupfer, e scritto a quattro mani con il giornalista Carlo Pizzigoni.

DUE PARTITE

inizio spettacoli ore 20.45 – domenica ore 16.30

dal 16 al 19 marzo 2017 – Teatro delle Muse

di Cristina Comencini
con Giulia Michelini, Paola Minaccioni, Caterina Guzzanti, Tatiana Lepore
regia Paola Rota

Artisti Riuniti

DUE EPOCHE ALLO SPECCHIO TRA COMICITÁ E COMMOZIONE

Una commedia che lavora su diversi livelli, un meccanismo perfetto che alterna momenti di comicità a momenti di vera e propria commozione.
Nel primo atto quattro donne, molto amiche tra loro, giocano a carte e parlano in un salotto. Si ritrovano lì ogni settimana. Nella stanza accanto le loro figlie giocano alle signore, si ritrovano anche loro ogni volta che si incontrano le loro madri. Nel secondo atto le quattro bambine sono diventate ormai delle donne che si vedono nella stessa casa e continuano quel dialogo, interrotto e infinito, sui temi fondanti dell’identità femminile. Sono le stesse attrici che avevamo visto interpretare il ruolo delle madri. Gli eventi che tengono unite queste donne, sono i più naturali e significativi dell’esistenza: la nascita e la morte. La conversazione procede tra di loro con un ritmo incalzante, tragico e comico al tempo stesso, e in questo flusso di pensieri e parole le loro identità si confondono e si riflettono in quelle delle loro madri, in una continua dinamica di fusione e opposizione, come in un gioco di specchi deformanti. Le protagoniste di questa storia sono donne che si proiettano madri, madri che immaginano come saranno le loro figlie, figlie che hanno assunto, mangiato e digerito le proprie madri per farsi donne autonome, diverse, opposte, e sorprendentemente vicine. Queste bambine che non vediamo mai e il loro perenne struggimento della crescita sono l’anima di questa commedia.
Quasi due epoche allo specchio, due modi diversi di essere donne, alla ricerca di differenze e similitudini, nel tentativo di definire, oggi come ieri, la stessa identità femminile. Qualcosa che continua a sfuggire, così indefinibile da essere perennemente a rischio; una sorta di cosmica energia, di tenace follia, che non intende farsi disarmare, e che risorge sempre, inarrestabile, per assicurare nuova linfa vitale.

IL PRINCIPE ABUSIVO A TEATRO

FUORI ABBONAMENTO

inizio spettacoli ore 20.45 – domenica ore 16.30

dal 24 al 26 marzo 2017 – Teatro delle Muse

tratto dal film “Il Principe Abusivo” prodotto da Cattleya con Rai Cinema

con Alessandro Siani e Christian De Sica

soggetto e la sceneggiatura sono di Alessandro Siani e Fabio Bonifacci

regia Alessandro Siani

con Elena Cucci, Stefania De Francesco, Antonio Fiorillo, Marta Giuliano, Claudia Miele, Luis Molteni, Lello Musella, Gianni Parisi, Giovanni Quaranta, Ciro Salatino, Elisabeth Santoro, Alessio Schiavo, Matthew Totaro

musiche e testi originali inedite Umberto Scipione
scenografo Roberto Crea
coreografo Marcello Sacchetta
effetti speciali Clonwerk S.r.l.
disegno Luci Gigi Ascione
costumi Eleonora Rella
impianti audio e luci Lombardi S.r.l.
realizzazione scena Fratelli Giustiniani S.r.l.
trucco e parrucco The Make Up Artist School
le canzoni “Make Someone Happy” e “Salt and Pepper” sono tradotte da Vincenzo Incenzo

Tunnel Cabaret

“Il Principe Abusivo è stato il mio film d’esordio accolto con grande affetto dal pubblico … un affetto nei confronti di questa pellicola che mi ha trascinato a progettarne una versione teatrale.
Un adattamento con grandi sorprese nel cast, con tante novità musicali, ma con una sicurezza: Christian De Sica.
Una favola moderna che parla di ricchezza e povertà … si dice: il ricco trova parenti tra gli sconosciuti, il povero trova sconosciuti tra i parenti.”
Alessandro Siani


Prezzi biglietti

Platea € 64 1^ Galleria e Palchi di 1° ordine € 58
2^ galleria e Palchi di 2° ordine € 46 3^ Galleria e Palchi di 3° ordine € 34

biglietti on-line www.geticket.it

CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF?

inizio spettacoli ore 20.45 – domenica ore 16.30

dal 5 al 9 aprile 2017 –  Teatro Sperimentale

di Edward Albee
traduzione di Vittorio Capriolo
con Arturo Cirillo, Milva Marigliano
e con Valentina Picello, Edoardo Ribatto
regia Arturo Cirillo

scene Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi
luci Mario Loprevite
regista collaboratore Roberto Capasso
assistente alla regia Giorgio Castagna
assistente scenografo Lucia Rho
assistente costumista Cristiana Di Giampietro
fotografo di scena Diego Steccanella

MARCHE TEATRO / Tieffe Teatro

UN “GIOCO DELLA VERITA’” – UNA SPIETATA RIFLESSIONE SUL NOSTRO CINISMO E SULL’AMORE

“Chi ha paura di Virginia Woolf?” di Edward Albee ha debuttato a Broadway nel 1962. Dello stesso autore sono degne di nota: “A Delicate Balance” (1966), “Seascape”(1975) e “Three Tall Women” (1991), che gli valsero tre premi Pulitzer. Del 1966 è la versione cinematografica di “Chi ha paura di Virginia Woolf?” che rese celebre E.Albee in tutto il mondo: il film, diretto da Mike Nichols, ha come interpreti Elizabeth Taylor e Richard Burton nei ruoli di Martha e George, George Segal e Sandy Dennis nelle parti di Nick e Honey. Il titolo della pièce “Chi ha paura di Virginia Woolf?” gioca con le parole della canzoncina Chi ha paura del lupo cattivo?(Who’s Afraid of the Big Bad Wolf?) ed è il motivetto che Martha e George canticchiano ogni tanto, dall’inizio alla fine dello spettacolo.

Martha e George sono una coppia di mezza età che ha invitato a casa Honey e Nick, due giovani

sposi che hanno appena conosciuto. In un vorticoso crescendo di dialoghi serrati, con la complicità della notte e dell’alcool, il quartetto si addentra in una sorta di “gioco della verità” che svela le reciproche fragilità individuali e di coppia. Il risultato della serata è un gioco al massacro, una sfida collettiva alla distruzione di sè e degli altri, che rende ogni personaggio, allo stesso tempo, vittima e carnefice.

Dalle note di regia di Arturo Cirillo – Il testo di Albee è una spietata riflessione sulla nostra cultura, sul nostro egocentrismo, sul nostro cinismo, e sull’amore. Come in un gioco al massacro, come in un interrogatorio o in una tortura, siamo in un stanza, un salotto, in una notte di sabato, dove pian piano si dà inizio ad un sacrificio, un esorcismo. Giocando e recitando ci si trova davanti alla propria distruzione, allo stato di noia che nasce dopo la perversione, a quel non sapere più cosa fare dopo aver fatto fuori tutto. Nel distruggere l’altro si distrugge se stessi, e poi ci si trova soli con l’altro, due solitudini a confronto, senza più difese, senza più riti che ci proteggono, senza più teorie analitiche che ci consolano; soli e spaventati da tutto quello che la nostra mente non ci voleva far vedere-.