Dennis Kelly, autore britannico di cinema, teatro e televisione. Nel teatro esordisce  a trent’ anni con “Debris”, per poi proseguire con il controverso “Osama the hero”. Il suo “After the end” debutta a Edimburgo nel 2006 ed ha una lunga tournée internazionale; seguono “Love and money”, “DNA”, “Taking care of baby” e, nel 2009, “Orphans”. Per la Royal Shakespeare Company scrive “The God’s weep” e vince un Tony Award per il testo del musical “Matilda”. Ai testi teatrali affianca lavori per la televisione: “Pulling” per BBC3 e la serie cult “Utopia” (Channel 4), con cui vince un Emmy Award. Per il cinema scrive la sceneggiatura del thriller “Black sea” (2014), interpretato da Jude Law. E’ uno degli autori contemporanei più rappresentato.

Dalle note di regia di Tommaso Pitta – Quando ho letto per la prima volta “Orphans” di Dennis Kelly, su suggerimento di Monica Nappo, Lino Musella e Paolo Mazzarelli, ho capito di trovarmi di fronte a un testo immenso, un esempio di drammaturgia superiore che sarebbe stato fantastico mettere in scena insieme a tre attori come loro.

“Orphans” è eccezionale a più livelli. Potrebbe essere definito il dramma della simbiosi. La tragedia di tre personaggi che non possono fare a meno l’uno dell’altro al punto che, per salvare l’insalvabile, finiscono per distruggere ogni legame tra loro e quindi per autodistruggersi. Ciò è esattamente il contrario di ciò che vogliono e che cercano di fare durante tutto lo spettacolo. Quando si rendono conto di ciò che hanno fatto, però, è troppo tardi; mentre prima erano privi degli strumenti per fare altrimenti. Da questo punto di vista “Orphans” è un testo straziante: Liam, Helen e Danny non hanno scelta; sono la causa della propria rovina, colpevoli e incolpevoli allo stesso tempo.

In secondo luogo “Orphans” è anche un grande noir, un testo dalle forti atmosfere, cupo, stratificato, sofisticatissimo, ricco di echi e rimandi interni, sostenuto da una trama perfetta e da una serie inarrestabile di colpi di scena agghiaccianti ed esilaranti al tempo stesso.

Infine – ed è questo l’aspetto che, come regista, più mi ha affascinato – “Orphans” è un testo profondamente teatrale, dove ogni scena è costruita su giochi e meccaniche drammaturgiche di un’inventiva sorprendente e di una precisione millimetrica, che consentono agli attori di dare grande spettacolo. Un testo beffardo, cinico, disincantato, capace di far ridere nei momenti più angoscianti e di commuovere in quelli più violenti.