Arlecchino? con Andrea Pennacchi, scritto e diretto da Marco Baliani

DAL 4 AL 7 APRILE
AL TEATRO DELLE MUSE DI ANCONA
ANDREA PENNACCHI
È PROTAGONISTA
DI ARLECCHINO?
SCRITTO E DIRETTO DA MARCO BALIANI

Ancona, 28 marzo 2024

Dal 4 al 7 aprile al Teatro delle Muse di Ancona arriva in scena lo spettacolo Arlecchino? scritto e diretto da Marco Baliani con protagonista Andrea Pennacchi. In scena con Andrea Pennacchi vedremo: Marco Artusi, Maria Celeste Carobene, Miguel Gobbo Diaz, Margherita Mannino, Valerio Mazzuccato, Anna Tringali, musiche eseguite dal vivo da Giorgio Gobbo, Riccardo Nicolin, scene e costumi Carlo Sala.

“In ogni epoca bisogna lottare per strappare la tradizione al conformismo che cerca di sopraffarla”
Walter Benjamin

È proprio quello che cercheremo di compiere. Prenderemo un’icona internazionale della tradizione della commedia dell’arte, la maschera di Arlecchino, e Andrea Pennacchi la indosserà portandola dentro alla contemporaneità.

Dal dissidio tra Arlecchino e il nostro mondo scaturiranno esilaranti situazioni ma, anche, dissacranti visioni e imperdibili scontri.

E Arlecchino attraverserà, con la sua goffaggine e la sua furbizia, quei territori dello spirito umano che in ogni epoca mostrano le loro eterne contraddizioni.

Dalle note di regia di Marco Baliani:

L’Arlecchino che Andrea Pennacchi porta in scena farà forse sussultare i tanti Arlecchini che nel tempo hanno fatto grande questa maschera della commedia dell’arte. Lui cerca in tutti i modi di essere all’altezza del ruolo, ma non ne azzecca una, è goffo, sovrappeso, del tutto improbabile, ma è in buona compagnia: gli altri attori, che, come lui, sono stati assoldati, con misere paghe, dall’imprenditore Pantalone, sono, al pari di Arlecchino, debordanti, fuori orario, catastroficamente inadeguati. Eppure tutti questi sbandamenti, queste uscite di scena e fughe dal copione, che sono anche uscite nella contemporaneità dell’oggi, queste assurde prestazioni, queste cadute di stile e cadute al suolo di corpi sciamannati, tutte queste parole affastellate, tutto questo turbinio di azioni e gesti, stanno proprio rifacendo il miracolo della grande commedia goldoniana, in una forma non prevista, una commedia dirompente, straniante, che ricostruisce la tradizione dopo averla intelligentemente tradita. Ed ecco allora che la storia, nonostante tutto, anzi proprio grazie a questo tutto invadente, si dipana nella sua narrazione e ne esce un Arlecchino mai visto che riunisce stilemi diversi, frammenti di cabaret, burlesque, avanspettacolo, commedia, dramma, un gran calderone ultra postmoderno che inanella via via pezzi di memoria della storia del teatro. Per riuscire a creare un simile guazzabuglio di intenzioni, per riuscire a renderlo eccezionalmente vivo, occorrevano attori capaci di seguirmi in un simile delirio. Ed eccoli qui, una compagnia di compagni e complici, Marco Artusi, Maria Celeste Carobene, Miguel Gobbo Diaz, Margherita Mannino, Valerio Mazzucato, e Anna Tringali, capaci di interpretare contemporaneamente più ruoli, di passare dalle proteste borbottanti degli attori sottopagati, alle vorticose azioni dei personaggi della commedia che pur devono rappresentare. In questo incessante salto mortale di identità è il loro talento a tenere insieme ciò che di continuo sembra sfuggire alla presa. Appartengono di diritto alla grande tradizione del teatro veneto, grande perché sempre capace di rischiare per rinnovarsi, come accade su queste tavole sceniche imbandite di follia arlecchinesca. Durante le prove immaginavo di avere Carlo Goldoni seduto in terza fila, e dovevo dirgli di fare silenzio tanto si sganasciava dalle risate, con gli occhi stupiti di bambino mai cresciuto di fronte a questa sua opera divenuta così inverosimile da essere ancor più sua. E quando poi le musiche di Giorgio Gobbo accompagnate dalla batteria di Riccardo Nicolin si infilavano come blitz sorprendenti costringendo gli attori a divenire anche danzanti e cantanti il Goldoni là dietro non si teneva più. Infine che dire delle scene fluttuanti di Carlo Sala, una scenografia semovente, mobile, semplice come lo è la creatività quando si dimentica di dover fare bella figura e si lascia andare al gioco infantile, grazie agli stessi attori che si fanno operai macchinisti modificando la scena di continuo come avvenissero improvvise folate di vento, a volte in forma di bufera a volte come zefiro primaverile. Il testo febbrilmente rimaneggiato ogni giorno, a partire dalle intuizioni che sorgevano in me, vedendo all’opera la creatività degli attori, e trascritto con solerzia da Maria Celeste Carobene, è proprio quello che fin dall’inizio avevo immaginato.

Le parole che vengono fatte volare sono anch’esse leggere, eppure, eppure, come accade davvero nella vera commedia, arrivano stilettate e spifferi lancinanti che parlano dei nostri giornalieri disastri di paese e di popolo, così che i terremoti scenici ci ricordano il traballare quotidiano delle nostre esistenze.

Per informazioni:

biglietteria Teatro delle Muse 071 52525_ biglietteria@teatrodellemuse.org,
vendita on line su www.vivaticket.com.

L’attività di MARCHE TEATRO è sostenuta da Comune di Ancona/Assessorato alla Cultura, Regione Marche/Assessorato alla Cultura, Ministero della Cultura, Camera di Commercio delle Marche in collaborazione con gli sponsor Frittelli Maritime Group, Banco Marchigiano, Luciana Mosconi.

29 dic. 2020 | La ripresa televisiva de “La scuola delle mogli”

AL TEATRO DELLE MUSE DI ANCONA
RAI5 RIPRENDE INTEGRALMENTE
LO SPETTACOLO
LA SCUOLA DELLE MOGLI
DI MOLIÈRE
CON E REGIA DI ARTURO CIRILLO

LA MESSA IN ONDA È PREVISTA
SU RAI5
SABATO 27 FEBBRAIO IN PRIMA SERATA

Al Teatro delle Muse di Ancona le troupe di RAI5 sono al lavoro per la ripresa integrale dello spettacolo La Scuola delle Mogli di Molière con e regia di Arturo Cirillo.

La Compagnia è già in prova e le riprese saranno effettuate in questi giorni.

Lo spettacolo andrà in onda su RAI5, sabato 27 febbraio in prima serata alle ore 21.15.

La scuola delle mogli di Molière con la traduzione Cesare Garboli, vede in scena: Arturo Cirillo, Valentina Picello, Rosario Giglio, Marta Pizzigallo, Giacomo Vigentini, scene Dario Gessati, costumi Gianluca Falaschi, luci Camilla Piccioni, musiche Francesco De Melis, regia Arturo Cirillo; assistente alla regia Mario Scandale, assistente scenografo Eleonora Ticca, assistente costumista Nika Campisi. La produzione è di Marche Teatro, Teatro dell’Elfo, Teatro di Napoli_Teatro Nazionale.

La regia televisiva è a cura di Francesca Taddeini.

Lo spettacolo ha debuttato in teatro nel luglio 2018 in estiva al Festival di Borgio Verezzi ed è stato in scena a Roma per due volte, per poi affrontare con grande successo di pubblico e critica tre stagioni di tournée toccando i palcoscenici dei più bei teatri italiani.

Dalle note di Arturo Cirillo: “La scuola delle mogli” è una commedia sapiente e di sorprendente maturità: vi si respira un’amarezza ed una modernità come solo negli ultimi testi Molière riuscirà a trovare. Vi è la gioia e il dolore della vita, il teatro comico e quello tragico, come in Shakespeare. Il tutto avviene in un piccolo mondo con pochi personaggi.

M’immagino una scena che è una piazza, come in una città ideale, con la sua prospettiva, la sua geometria, dove al centro vi è una casa girevole, al cui interno possiamo vedere una scala che porta ad una camera che è anche una cella, una stanza delle torture. L’azione avviene nello spazio tra questa casa ed un’altra, che non vediamo, appartenenti entrambe al protagonista, il quale si fregia di un doppio nome e di una doppia identità, come doppia è la sua natura. Egli è uno spietato cinico ma anche un innamorato ossessivo, un indefesso fustigatore delle debolezze altrui come anche una fragilissima vittima del proprio gioco. Al centro una giovane donna cavia di un esperimento che solo una mente maschilista e misantropica poteva escogitare: è stata presa da bambina, orfana, e poi lasciata nell’ignoranza di tutto per poter essere la moglie ideale, vittima per non dire schiava, del futuro marito che la dominerà su tutti i piani, economici, culturali, psicologici. La natura, l’istinto, l’intelligenza del cuore renderanno però vano il piano penitenziale e aguzzino che si è tramato intorno a lei. (…)

Una commedia alla Plauto che nasconde uno dei testi più moderni, contraddittori ed inquieti sul desiderio e sull’amore. Dove si dice che la natura da maggiore felicità che non le regole sociali, che gli uomini si sono dati. Dove il cuore senza saperlo insegna molto di più di qualsiasi scuola. Dove Molière riesce a guardarsi senza pietismo, senza assolversi, ma anzi rappresentandosi come il più colpevole di tutti, il più spregevole (ma forse anche il più innamorato), riuscendo ancora una volta a farci ridere di noi stessi, delle nostre debolezze ed incompiutezze, della miseria di essere uomini.

www.marcheteatro.it/produzioni/la-scuola-delle-mogli/

La stampa ha detto:

Molière c’est moi La Repubblica, RODOLFO DI GIAMMARCO

Che immensa trovata, l’impianto scenico d’oggi d’un testo di secoli fa: è la struttura d’una casa di bambola di due piani ruotante su se stessa con cui la regia di Arturo Cirillo affronta splendidamente La scuola delle mogli di Molière.
(…)E la pièce molièriana… s’avvale del performativo sforzo degli attori che in panni di macchinisti fanno girare la casetta disegnata da Dario Gessati. Poi c’è la paradossalità nevrotica dell’Arnolfo riconcepito ora da Cirillo in persona, stupendamente afflitto da moderne turbe tutorie, e la grazia quasi da androide d’una perfetta Valentina Picello alias Agnese, e del suo innamorato rapper Giacomo Vigentini. E sarcastici, i costumi damascati che imitano un arazzo.

Molière, conflitti mascherati da farsa Corriere della Sera, MAGDA POLI

Spira un’aria d’inquietante amarezza ne La scuola delle mogli di Molière portato in scena da Arturo Cirillo anche protagonista nel ruolo del ricco Arnolfo… La bella regia e l’ottima interpretazione di Cirillo sembrano accendere un nucleo nascosto, un groviglio ossessivo che si trasforma in dolore, in sconfitta, in penosa mestizia, il tutto tra vicende farsesche e personaggi grotteschi a tratti burattineschi. Una lettura interessante.  (…)Agnese, interpretata con bravura infantile e maliziosa, tutta gesti e insofferenze da Valentina Picello. …Bravi anche Giacomo Vigentini, Francesco De Melis, Marta Pizzigallo e Rosario Giglio. Ancora una volta Cirillo sembra aver ben capito come Molière sia sempre uomo di teatro di «grandi urti e grandi conflitti» mascherati da farsa.

Quel dittatore dei sentimenti seppellito dagli sberleffi Il Manifesto, GIANFRANCO CAPITTA

Uno spettacolo intelligente (e divertente) …

(… )LA TRADUZIONE , molto bella ed efficace, di Cesare Garboli ci restituisce intatta la forza di quella lezione e delle ridicole pretese che, storicamente come nelle vicende private, così sono destinate a concludersi. E Arturo Cirillo, da sempre conoscitore e maestro di comicità popolare, imprime allo spettacolo un ritmo trascinante che si fa anche moralità pubblica. Sono bravi gli attori che lo circondano nel ruolo di presuntuoso babbeo (fantastica la spudorata ingenuità di Valentina Picello, anche se son tutti scattanti e simpatici), ma Cirillo ha saputo trovare almeno altri due punti di forza. La scena di Dario Gessati è una macchina mirabile (…). L’ALTRA SORPRESA è la musica, composta da Francesco De Melis, che non «accompagna» la vicenda, ma con i virtuosismi di diversi strumenti crea una vera partitura, parallela e dialettica con la commedia.