NUOVA PRODUZIONE PER MARCHE TEATRO
UNO SPETTACOLO DI FANTASCIENZA
SCRITTO E DIRETTO DA LIV FERRACCHIATI
IN PRIMA ASSOLUTA
IL 26 E 27 FEBBRAIO
AL TEATRO SPERIMENTALE DI ANCONA
VEDE IN SCENA
(in o.a.) ANDREA COSENTINO, LIV FERRACCHIATI E PETRA VALENTINI
LA PRODUZIONE È DI MARCHE TEATRO_TEATRO DI RILEVANTE INTERESSE CULTURALE
CSS TEATRO STABILE D’INNOVAZIONE DEL FVG
TEATRO METASTASIO DI PRATO
Sabato 26 e domenica 27 febbraio debutta in prima assoluta al Teatro Sperimentale di Ancona Uno spettacolo di fantascienza scritto e diretto da Liv Ferracchiati pluripremiato autore, regista teatrale e performer al suo primo lavoro con Marche Teatro.
Uno spettacolo di fantascienza_quante ne sanno i trichechi ha testo e regia di Liv Ferracchiati e vede in scena (in ordine alfabetico) Andrea Cosentino, Liv Ferracchiati e Petra Valentini, aiuto regia è Anna Zanetti, dramaturg di scena Giulio Sonno, scene e costumi sono di Lucia Menegazzo, il disegno luci è di Lucio Diana, suono Giacomo Agnifili, lettore collaboratore Emilia Soldati. Lo spettacolo è prodotto da MARCHE TEATRO Teatro di Rilevante Interesse Culturale, CSS Teatro Stabile d’Innovazione del FVG, Teatro Metastasio di Prato.
L’idea del testo di Uno spettacolo di fantascienza, pur avendo avuto diverse riscritture, nasce dal progetto École des Maîtres, nell’edizione speciale 2020 e 2021 dedicata ai drammaturghi europei, condotto da Davide Carnevali, in cui Liv Ferracchiati è stato selezionato a partecipare come autore.
Lo spettacolo dopo le date di Ancona sarà in scena a Udine al Teatro San Giorgio il 4 e 5 marzo.
La tournée ripartirà poi nel gennaio 2023.
Dalle note di Liv Ferracchiati:
Come si racconta la fine del mondo?
E poi: quale mondo sta finendo?
In Uno spettacolo di fantascienza una rompighiaccio è diretta al Polo Sud, i trichechi rotolano giù dalle rocce e l’asse del mondo si sposta, la Terra si crepa nel mezzo eppure il fuoco è su altro, a crollare sono i tasselli delle nostre identità.
Per comunicare noi stessi siamo costretti a scegliere, più o meno consapevolmente, i segni che vanno a comporre le nostre caratteristiche.
Può sembrare filosofico, in realtà è molto concreto perché, queste distratte adesioni influenzano anche il taglio dei nostri capelli, il modo in cui ci vestiamo o persino la nostra gestualità.
Cosa accadrebbe, dunque, se provassimo a spostare il punto di vista comune rispetto alle faccende che riteniamo più ovvie?
Perché dividiamo il tempo in 24 ore e non in 48 mezzore? Perché pitturarsi le labbra col rossetto è un’attività da considerarsi femminile e pitturare una parete è da considerarsi maschile? Perché essere alti è positivo mentre essere bassi è negativo? È sempre così o varia in base al genere?
Chi ha scelto per noi cosa ci dovesse piacere e cosa, invece, no?
Quello che abbiamo costruito della nostra identità, dunque, ci appartiene davvero o sono rappresentazioni influenzate dalla cultura in cui siamo immersi?
Se togliessimo, strato dopo strato, tutti i segni che ci raccontano, cosa rimarrebbe? Forse si potrebbe avvertire un vago senso di minaccia, perché il rischio è che possa rimanere davvero poco di quel che siamo.
Così Uno spettacolo di fantascienza, che della fantascienza ha la surrealtà e la prossimità col reale, è una drammaturgia in cui cambia bruscamente il linguaggio, perché anche la scrittura segue regole e convezioni. Come si muoverà, allora, la percezione? Dove ci posizioneremo? Come cercheremo di decifrare quello che abbiamo davanti se regole e convenzioni conosciute saltano di continuo?
Lo spettatore, dunque, potrebbe sentirsi spiazzato, come capita quando cerchiamo di definire gli oggetti che abbiamo intorno, le altre persone, la vita.
È impossibile conservare una forma definitiva, forse possiamo solo prendere consapevolezza e restare in ascolto di noi stessi.