LOVPOEM

PRIMA ASSOLUTA
9 novembre 2024
Ludovico Paladini
LOVPOEM

di e con Ludovico Paladini
musica Guglielmo Diana
scene Eleonora Diana

MARCHE TEATRO
Con il sostegno del MiC e di SIAE, nell’ambito del programma “Per Chi Crea”

Cosa succede quando finisce un amore?
Un turbinio di lettere, telefonate, poesie, lacrime e canzoni romantiche che scandiscono il tempo necessario per attraversare il dolore.
Per poi rialzarsi e cominciare a danzare.
Con LoVPoem, prodotto da Marche Teatro con il sostegno di MIC e Siae nell’ambito del progetto “Per chi Crea”, Ludovico Paladini ci racconta questo processo di catarsi attraverso la sua danza, straordinaria e intensa al tempo stesso.

Dalle note di Ludovico Paladini:
L’intimità di una camera contiene un universo di sensazioni, scegliere una reclusione per ritrovarsi e discostarsi da un romantico-centrismo angosciante.
Un telefono che chiama il fantasma del passato o del futuro, poesie e pensieri che filtrano in una cornetta, un bisogno impellente di decorticare il perché, il come, abbandonarsi completamente a quel paesaggio magnifico che è offerto dalla tristezza e dalla solitudine, raccoglierne i fiori, berne l’acqua, respirarne l’aria, con l’obiettivo incerto che bascula tra il crogiolarsi e il liberarsi.
Muoversi attraverso le sensazioni, enunciare i pensieri mentre il corpo si esprime, chiarifica molte cose, ma la chiarezza non è il fine né il mezzo, è solo un’utopia.
E l’amore è una spada di Damocle.
E la tristezza uno specchio per le allodole.
E tu sei una proiezione.
E io splendo di luce riflessa.

LA MORTE A VENEZIA

14 novembre 2024
Liv Ferracchiati e Alice Raffaeli
LA MORTE A VENEZIA

liberamente ispirato a La morte a Venezia di Thomas Mann
drammaturgia e regia di Liv Ferracchiati
con (in o.a.) Liv Ferracchiati e Alice Raffaelli
movimento Alice Raffaelli
dramaturg Michele De Vita Conti
aiuto regia Anna Zanetti / Piera Mungiguerra
assistente alla drammaturgia Eliana Rotella
scene Giuseppe Stellato
costumi Lucia Menegazzo
luci Emiliano Austeri
suono spallarossa

Spoleto Festival dei Due Mondi / MARCHE TEATRO / TSU Teatro Stabile dell’Umbria / Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
in collaborazione con Fondazione Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa

Guardare e essere guardati: la percezione dello sguardo sugli altri e su di noi.
Cosa significa guardare qualcuno e qual è l’effetto del nostro sguardo su chi lo riceve?
Ne La morte a Venezia di Thomas Mann, tra le spiagge di una Venezia ammalata e mortale, c’è la polarità della vecchiaia rappresentata da Aschenbach, che tende fino a consumarsi verso quella della giovinezza e del potenziale, rappresentata da Tadzio. Chi è oggi Tadzio per noi? Perché Aschenbach sembra ricordare la nostra incapacità di vivere, di creare, di agire?
Perché ci sediamo davanti a uno schermo a guardare indolenti, senza afferrare l’oggetto di bellezza e la vita, fino ad ammalarci dell’assenza e dell’inazione?
Guardare e essere guardati, dunque, in una trazione perenne tra dionisiaco e apollineo, spinta creatrice dell’arte e mantenimento dell’ordine.
Lo sguardo dello scrittore si trasforma in flussi di pensieri fuori e dentro la scena, mentre l’Opera d’Arte, Tadzio, si esprime attraverso la danza, in un conflitto insolubile tra parola e corpo, tra carne e pensiero.
Tadzio è una possibilità di bellezza, una via di fuga e di immaginazione, forse persino di azione, ma è intoccabile e inarrivabile. La metafora della malattia di Gustav Von Aschenbach indagava per Mann la crisi dell’uomo contemporaneo e per noi significa esplorare le passività di oggi, le decadenze vere o presunte.
Parola e danza, allora, si incontrano e scontrano sullo sfondo di una Venezia ambigua, pericolosa, pestilenziale, come l’epidemia di colera che pare dilaghi misteriosamente nella laguna.

IL FUOCO ERA LA CURA

23 gennaio 2025
Sotterraneo
IL FUOCO ERA LA CURA

creazione Sotterraneo
ideazione e regia Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Daniele Villa
con Flavia Comi, Davide Fasano, Fabio Mascagni, Radu Murarasu, Cristiana Tramparulo
scrittura Daniele Villa
luci Marco Santambrogio
abiti di scena Ettore Lombardi
suoni Simone Arganini
inserti coreografici Giulio Santolini

Teatro Metastasio di Prato, Sotterraneo, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
con il sostegno di Centrale Fies / Passo Nord
residenze artistiche Fondazione Armunia, La Corte Ospitale, Centrale Fies / Passo Nord

Sotterraneo è Artista Associato al Piccolo Teatro di Milano, fa parte del progetto Fies Factory ed è residente presso l’ATP Teatri di Pistoia

“Non è necessario bruciare libri per distruggere una cultura. Basta convincere la gente a smettere di leggerli”

Fahrenheit 451 di Ray Bradbury descrive un futuro distopico in cui è vietato leggere, schermi costantemente accesi alienano il tempo libero delle persone e il tentativo di pensare causa malessere fisico. Ironicamente, il corpo dei pompieri non è più impiegato per spegnere gli incendi, bensì per bruciare i libri e se necessario i loro possessori.

Il libro è uscito circa 70 anni fa, nel 1953, ma è ambientato nel futuro, cioè negli anni ’20 del XXI secolo – vale a dire oggi. Tu però ti trovi nel XXI secolo e stai leggendo questo testo, quindi Bradbury si è sbagliato? Dipende come intendiamo la distopia: una previsione sul futuro che a un certo punto viene confermata/smentita oppure un allarme sul presente che continua a rinnovarsi?
“Il fuoco era la cura” attraversa e rilegge liberamente Fahrenheit 451, lo consuma come si fa con un libro amato, letto mille volte e trascinato in mille luoghi, lo sporca, lo dimentica da qualche parte e poi lo ritrova, mentre la copertina sbiadisce, la carta si scolla e le pagine si riempiono di appunti, biglietti, segnalibri e ricordi. Cinque performer ripercorrono la storia del romanzo, si identificano coi personaggi, si muovono in senso orizzontale mappando i coni d’ombra, le cose che Bradbury non ci spiega o non ci racconta, creando linee narrative parallele, deviazioni teoriche, costruendo anche le cronache di un tempo intermedio fra il nostro presente e un futuro anticulturale in cui l’istupidimento ci salva dal fardello del pensiero complesso.
Se Bradbury si fosse sbagliato solo di qualche anno, se Fahrenheit 451 accadesse davvero, noi cosa faremmo?

COPPELIA – UN BALLET MÉCANIQUE

8 marzo 2025
Blucinque / Nice
COPPELIA Un ballet mécanique

ideazione, direzione e partitura del movimento Caterina Mochi Sismondi
performance Elisa Mutto, Michelangelo Merlanti, Vladimir Ježić, Carlos Rodrigo Parra Zavala, Simone Menichini, Jonnathan Lemos
rigging Michelangelo Merlanti
musiche originali tratte dal balletto Coppélia di Léo Delibes
musica live ed elettronica Beatrice Zanin
direzione luci Massimo Vesco
foto Andrea Macchia

Centro di produzione blucinQue Nice in collaborazione con Fondazione Cirko Vertigo

Bambola meccanica e illusione, corpo fuori asse, appeso e inerme, come una marionetta che cerca il modo di immedesimarsi e allo stesso tempo di liberarsi: Coppelia project riporta, con questo lavoro della coreografa Caterina Mochi Sismondi, l’attenzione al tema dell’identità, della maschera che ciascuno di noi indossa, e di una donna vista nella sua fragilità, ma anche nella sua forza, grazie ai differenti ruoli che è in grado di rivestire. Ispirata al balletto Coppelia – La ragazza dagli occhi di smalto, questa nuova creazione di compagnia unisce e armonizza tecniche della danza classica e contemporanea, della contorsione e sospensione capillare, e commistione tra oggetto, suono e immagine, per mettere l’accento sempre sul corpo e la sua frammentazione. La musica, a partire dalle note di Delibes, è curata dalla musicista Bea Zanin e ripropone temi del balletto, con interferenze di elettronica e violoncello. Il lavoro prende spunto per un ulteriore sviluppo e segno di interpretazione dal Ballet Mécanique del 1924, opera di Fernand Léger del primo cinema cubista. Il film contiene molti segni e significati affini a questa messa in scena, riportando appunto ad un balletto dove dettagli di corpo e oggetti in movimento – su un ritmo sempre spezzato e integrato delle note del compositore George Antheil – prendono vita con continue ripetizioni, ralenti e accelerazioni.

STABAT MATER

9 aprile 2025
Liv Ferracchiati
STABAT MATER

Trilogia sull’Identità (capitolo II)

ideazione, testi e regia di Liv Ferracchiati
con (in ordine alfabetico): Liv Ferracchiati/Andrea, Chiara Leoncini/Psicologa, Petra Valentini/Fidanzata e Renata Palminiello nel ruolo della Madre
dramaturg di scena Greta Cappelletti
costumi Laura Dondi
scene Lucia Menegazzo
disegno luci Giacomo Marettelli Priorelli
suono spallarossa
aiuto regia Anna Zanetti
progetto Compagnia The Baby Walk
si ringrazia Flavio Feniello

Marche Teatro, Centro Teatrale MaMiMò, Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale

Liv Ferracchiati, autore, interprete e regista, porta nuovamente in scena il secondo capitolo della Trilogia sull’identità, percorso di indagine sul maschile e sugli stereotipi di genere. Questa nuova edizione dello spettacolo vede in scena per la prima volta Liv Ferracchiati, Petra Valentini e Renata Palminiello accanto a Chiara Leoncini, presente nella prima edizione.
La Trilogia, nata dalla compagnia The Baby Walk nel 2015, è stata un percorso di studio, di formazione teatrale e di vita che ha messo in evidenza come ogni essere umano costruisca la propria identità avvalendosi di modelli culturali precostituiti.

Stabat Mater, vincitore del Premio Hystrio Nuove Scritture di Scena 2017, è uno squarcio sulla vita del trentenne Andrea, un uomo in un corpo dalle sembianze femminili, che pretende ordinarietà da una situazione straordinaria. Nell’affannoso tentativo di “vivere al maschile”, Andrea deve fare i conti con le difficoltà di entrare nel mondo degli adulti e con una madre che non accetta che la figlia da lei generata sia in realtà un figlio. Per lo scrittore Andrea la parola diventa lo strumento attraverso il quale riappropriarsi della sua identità.
Tema centrale di Stabat Mater è la difficoltà di diventare adulti; il lavoro indaga le complesse dinamiche dell’emancipazione dalla madre e mette in discussione le certezze a cui ci appigliamo per non cadere in un territorio che potrebbe sfuggire al nostro controllo.
Dice il regista presentando il lavoro: «La direzione dell’attore si fonda sullo sforzo costante di una ricerca dell’autenticità, è una sorta di seconda partitura testuale fatta di pause, relazioni, ritmi martellanti o blandi. Dinamiche emotive ogni volta rinnovate dall’ascolto dell’unicità del momento, una parola recitata, a tratti smozzicata, che, organica alla drammaturgia del testo, alterna momenti di quotidianità esasperata ad invenzioni che la vanno ad alterare, come quando i “Pensieri Elementari” del protagonista sospendono dialoghi e intreccio. I “Pensieri Elementari” sono gli a-parte di Andrea, quei passaggi nei quali sfoga la sua piena emotiva e passionale con monologhi in metrica, che mostrano le trame del suo teatro interiore».

DON GIOVANNI

inizio spettacoli ore 20.45 – domenica ore 16.30

Dal 31 ottobre al 3 novembre 2024
PRIMA REGIONALE
Arturo Cirillo
DON GIOVANNI

da Molière, Da Ponte, Mozart
adattamento e regia di Arturo Cirillo
con Arturo Cirillo
e con (in o.a.) Irene Ciani, Rosario Giglio, Francesco Petruzzelli, Giulia Trippetta, Giacomo Vigentini
scene di Dario Gessati
costumi di Gianluca Falaschi
luci di Paolo Manti
musiche di Mario Autore

MARCHE TEATRO, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, Emilia Romagna Teatro Fondazione – Teatro Nazionale

La mia passione per il personaggio di Don Giovanni, e per il suo inseparabile alter ego Sganarello (come Hamm e Clov di “Finale di Partita”, o come Don Chisciotte e Sancho Panza) nasce all’inizio soprattutto dalla frequentazione dell’opera di Mozart/Da Ponte. Sicuramente i miei genitori mi portarono a vederla al San Carlo di Napoli, come sicurante vidi il film che ne trasse Joseph Losey nel 1979. Ma l’incontro veramente decisivo con questo personaggio, e con l’opera mozartiana, avvenne intorno ai miei vent’anni, epoca in cui frequentavo l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica di Roma. Uno storico insegnante di Storia della Musica, Paolo Terni, ci fece lavorare proprio sul “Don Giovanni” e in una forma che potrei definire di “recitar-cantando”, in cui ci chiese di interpretare il bellissimo libretto di Lorenzo Da Ponte (bellissimo per poesia, musicalità e vivacità, ma anche perché – e non lo dico solo io – è una delle opere più alte, dal punto di vista linguistico, della letteratura italiana). Oltre al libretto dapontiano recitavamo rapportandoci con la musica di Mozart, con i suoi ritmi e le sue melodie. E in quella occasione questa irrefrenabile corsa verso la morte (l’opera si apre con l’assassinio del Commendatore e si conclude con lo sprofondare di Don Giovanni nei fuochi infernali), questa danza disperata, ma vitalissima, sempre sull’orlo del precipizio, questa sfida al destino (o come direbbe Amleto: “al presentimento”) mi è apparsa in tutta la sua bellezza e forza. Negli anni successivi (come chi conosce un po’ il mio teatro sa) tra i miei autori prediletti si è imposto decisamente Molière, quindi mi è parso naturale lavorare su una drammaturgia che riguardasse sia il testo di Molière, appunto, che il libretto di Da Ponte. Anche il discorso musicale da tempo, o forse da sempre, mi coinvolge, e quindi ho deciso di raccontare questo mito, che è Don Giovanni, usando forme e codici diversi, conservando di Molière la sua capacità di lavorare su un comico paradossale e ossessivo, che a volte sfiora il teatro dell’assurdo, e di Da Ponte la poesia e la leggerezza, a volte anche una “drammatica leggerezza”. Poi c’è la musica di Mozart che di questa vicenda riesce a raccontare sia la grazia che la tragedia ineluttabile.

Perché in fondo questa è anche la storia di chi non vuole, o non può, fare a meno di giocare, recitare, sedurre; senza fine, ogni volta da capo, fino a morirne.

SAMUSÀ

inizio spettacoli ore 20.45 – domenica ore 16.30

Dal 7 al 10 novembre 2024
Virginia Raffaele
SAMUSÀ

regia di Federico Tiezzi
scritto da Virginia Raffaele, Giovanni Todescan, Francesco Freyrie, Daniele Prato con Federico Tiezzi
scene Marco Rossi
costumi Giovanna Buzzi
luci Gianni Pollini

ITC2000

Dopo il grande successo dello spettacolo “Performance” del 2015 e anni particolarmente intensi che l’hanno vista protagonista in tv di uno show e una serie televisiva tutti suoi, oltre alla conduzione del Festival di Sanremo e il doppiaggio di Morticia nel cartone animato “La Famiglia Addams”, Virginia Raffaele torna al suo primo amore, il teatro, e lo fa con uno spettacolo completamente nuovo dal titolo “Samusà”.
Il racconto di Samusà si nutre dei ricordi di Virginia e di quel mondo fantastico in cui è ambientata la sua infanzia reale: il luna park. Da lì si sviluppa in quel modo tutto della Raffaele di divertire ed emozionare, stupire e performare, commuovere e far ridere a crepapelle.

“Sono nata e cresciuta dentro un luna park, facevo i compiti sulla nave pirata, cenavo caricando i fucili, il primo bacio l’ho dato dietro il bruco mela. Poi il parco ha chiuso, le giostre sono scappate e adesso sono ovunque: le attrazioni sono io e siete voi. Tutto quello che siamo diventati stupisce quanto un giro sulle montagne russe e confonde più di una passeggiata tra gli specchi deformanti”.

La regia si avvale della grande firma di Federico Tiezzi. Samusà è scritto da Virginia Raffaele, Giovanni Todescan, Francesco Freyrie, Daniele Prato, con Federico Tiezzi.

FIRMAMENTO

inizio spettacolo ore 18.00

17 novembre 2024
PRIMA REGIONALE
La Veronal
FIRMAMENTO

idea e direzione artistica Marcos Morau
direzione di produzione Juan Manuel Gil Galindo
coreografia Marcos Morau in collaborazione con gli interpreti
interpreti Àngela Boix, Jon López, Núria Navarra, Lorena Nogal, Marina Rodríguez, Shay Partush. Testo Carmina S. Belda e Pablo Gisbert
voce fuori campo Victoria Macarte e Nathaniel Ansbach
assistenza alla drammaturgia Mònica Almirall e Roberto Fratini
direzione tecnica e disegno luci Bernat Jansà
direttore di scena, macchinari ed effetti speciali David Pascual
assistenza tecnica in tournée Mirko Zeni
sound design e musiche originali Juan Cristóbal Saavedra
musica Laurie Anderson
scenografia Max Glaenzel
costumi Silvia Delagneau
illustrazione animata Marc Salicrú
produzione e logistica Cristina Goñi Adot e Àngela Boix
realizzazione di caschi e maschere Gadget Efectos Especiales
costruzione delle marionette Martí Doy
costumi A.I.T. e Laura Garcia
costruzione del set Oscar Hernandez (Ou), Jorba-Miró
trasporto Pax 4Events

La Veronal in coproduzione con Grec 2023 Festival de Barcelona – Institut de Cultura Ajuntament de Barcelona, Oriente Occidente Dance Festival, Centro de Cultura Contemporánea Condeduque, Mercat de les Flors, Temporada Alta – Festival internacional de Catalunya, Girona/Salt, Les Théâtres de la Ville de Luxembourg, Chaillot Théâtre National de la Danse, Festival Equilibrio – Fondazione Musica per Roma, Hessisches Staatsballett nell’ambito di Tanzplattform Rhein-Main, Triennale Milano.

Con la collaborazione di Graner – Fàbriques de Creació e Teatre L’Artesà.

Con il sostegno di INAEM – Ministerio de Cultura de España e ICEC – Departament de Cultura de la Generalitat de Catalunya

 

L’acclamata compagnia di danza La Veronal, guidata da Marcos Morau, mette in scena l’avventura universale di chi, varcata la soglia dell’adolescenza, si avvicina alla vita adulta carico di speranze e paure. I movimenti dei danzatori, gesti spezzati e poi ricomposti in affascinanti tableaux vivants, trasportano in un mondo popolato da maschere e marionette, davanti a un cielo di infinite possibilità in cui tutto sembra realizzabile, come infinite appaiono le opportunità per chi sogna di crescere. Nel delicato percorso tra l’abbandono della spensieratezza verso le responsabilità adulte, Firmamento riscopre l’immaginazione come arma per affrontare il futuro, guardando al domani con occhi carichi di aspettativa.

 

 

IL CASO JEKYLL

inizio spettacoli ore 20.45 – domenica ore 16.30

Dal 21 al 24 novembre 2024
Sergio Rubini e Daniele Russo
IL CASO JEKYLL

tratto da Robert Louis Stevenson
adattamento Carla Cavalluzzi e Sergio Rubini
regia Sergio Rubini

con Sergio Rubini e Daniele Russo

e con Geno Diana, Roberto Salemi, Angelo Zampieri, Alessia Santalucia

scene Gregorio Botta
scenografa Lucia Imperato
costumi Chiara Aversano
disegno luci Salvatore Palladino
progetto sonoro Alessio Foglia

foto di scena Flavia Tartaglia

Fondazione Teatro Di Napoli – Teatro Bellini, MARCHE TEATRO, Teatro Stabile di Bolzano

Quando Stevenson scrive Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, Londra è una città povera, fumosa e pericolosa. L’ideale per lasciarsi contagiare dal noir e dal thriller. Ne Il caso Jekyll ci siamo svincolati dallo “strano”, dal tema filosofico del doppio, del confine tra il bene e il male, dal faustiano “andar contro le leggi divine”, temi di cui a prescindere è intrisa la materia, per dirigerci in un percorso investigativo, che accompagna per mano lo spettatore negli inferi, per farlo sbirciare nel mistero e nel terrore di una true crime story. Ci sono tutti gli elementi, ci si chiede “come sono andati i fatti?”. Ci sono delitti, c’è un investigatore a cui nessuno ha chiesto di investigare, che sprofonda in un caso prefreudiano di duplicazione delle personalità. Lo spettatore ha un vantaggio sull’investigatore, conosce i fatti, è lui il protagonista, colleziona i dettagli, esamina i dati e le ricostruzioni puntuali. Durante lo spettacolo poniamo degli interrogativi, il pubblico interpreta e cerca di comprendere la mente criminale, scopre la scena del crimine, alla ricerca di un senso.

Assassini si nasce o si diventa? Quali sono i fattori che hanno portato Jekyll a scegliere di liberarsi e di liberare Hyde “che fin nel grembo tormentoso della coscienza questi gemelli antitetici dovessero essere in perenne tenzone. Come fare, allora, a separarli?”. Chi ha deciso di uccidere? Jekyll il buono o il malefico Hyde? Questa è la storia “di un’anima immonda che si manifesta al di fuori del bozzolo che la contiene”.

RE LEAR

inizio spettacoli ore 20.45 – domenica ore 16.30

Dal 12 al 15 dicembre 2024
Elio De Capitani
RE LEAR

di William Shakespeare
traduzione Ferdinando Bruni
uno spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia
con Elio De Capitani
e con Mauro Bernardi, Elena Ghiaurov, Mauro Lamantia, Giuseppe Lanino,  Viola Marietti, Giancarlo Previati, Alessandro Quattro, Elena Russo Arman,  Nicola Stravalaci, Umberto Terruso, Simone Tudda
luci Michele Ceglia
suono Gianfranco Turco

Teatro dell’Elfo

«Perché Re Lear? Perché tornare ancora una volta a Shakespeare?
Re Lear ci tocca da vicino perché è il racconto di uno dei viaggi più strazianti dell’uomo verso la sua vera essenza. Un cammino rovinoso conduce il vecchio e arrogante re dal trono fino alla landa desolata dove riuscirà a intravvedere l’essenza più vera dell’uomo.

E forse ora abbiamo l’età giusta per fare questo viaggio assieme ai quattro folli che attraversano la notte tempestosa più famosa della cultura occidentale.
La parabola di Lear è terribile: trascinare il nostro tempo oltre il tempo che cambia, usurpare la vita bloccando il naturale passaggio fra le generazioni e trasformarlo in una guerra non può che portarci a un destino di follia e di cecità. Ma sotto il cielo scuro e tempestoso risplendono brevi, strazianti bagliori di amore: l’incontro di Edgar con il padre accecato, la dedizione di Kent per il suo re, la pietà di Lear per il suo Matto e il suo lamento sul corpo della figlia Cordelia.
Re Lear non è solo una parabola, è anche un capolavoro di potentissimo teatro: i suoi personaggi hanno la tridimensionalità della vita, anzi di una vita che dall’inizio del ‘600 ad oggi palpita ancora reale».