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La buona novella

di Fabrizio De Andrè

drammaturgia e regia Giorgio Gallione
arrangiamenti e direzione musicale Paolo Silvestri

con Neri Marcorè, Rosanna Naddeo

voce e chitarra Giua
voce, chitarra e percussioni Barbara Casini
violino e voce Anais Drago
pianoforte Francesco Negri
voce e fisarmonica Alessandra Abbondanza  

scene Marcello Chiarenza
costumi Francesca Marsella
luci Aldo Mantovani

produzione Teatro Stabile di Bolzano, Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano – Milano, Fondazione Teatro della Toscana, Marche Teatro, Teatro Nazionale di Genova

durata 85′

date

8/9 febbraio 2025 Genova Teatro Ivo Chiesa
12 febbraio Carpi Teatro Comunale
14-16 febbraio Monza Teatro Manzoni
18 febbraio Chiasso Cinema Teatro
19/20 febbraio Bellinzona Teatro Sociale
22/23 febbraio Novara Teatro Coccia
25 febbraio Rho Teatro Civico
26 febbraio Vigevano Teatro Cagnoni
27 febbraio Lumezzane Teatro Odeon
28 febbraio-2 marzo Pavia Teatro Fraschini
4 marzo Guastalla Teatro Comunale
5 marzo Fiorano Modenese Teatro Astoria
7 marzo Castelfiorentino Teatro del Popolo
8 marzo Grosseto Teatro Moderno
11 marzo Sassari Teatro Comunale
12-16 marzo Cagliari Teatro Massimo
19 marzo Livorno Teatro Goldoni
20 marzo Poggibonsi Politeama
23 marzo Ivrea Teatro Giacosa
25/26 marzo Torino Teatro Colosseo
27 marzo Alessandria Teatro Alessandrino
28 marzo Vercelli Teatro Civico
29 marzo Verbania Teatro Maggiore
1 aprile Udine Teatro Giovanni da Udine
2/3 aprile Monfalcone Nuovo Teatro
4 aprile Sacile Teatro Zancanaro
5 aprile Cordenons Auditorium A. Moro
6 aprile Palmanova Teatro G. Modena
8-10 aprile Fermo Teatro dell’Aquila
11-13 aprile Fano Teatro della Fortuna
15-17 aprile Firenze Teatro La Pergola
22 aprile Lecce Politeama Greco
23 aprile Taranto Teatro Fusco
24 aprile Corato Teatro Comunale
26/27 aprile Bari Teatro Piccinni
28 aprile Potenza Teatro Don Bosco
30 aprile Reggio Calabria Teatro Cilea
3 maggio Bologna Teatro Duse

1/4 febbraio 2024 Bolzano Teatro Comunale
6-7 febbraio Schio (VI) Teatro Astra
8/11 febbraio Trento Teatro Sociale
13-14 febbraio Carrara Teatro degli Animosi
17-18 febbraio Pontedera (PI) Teatro Era
20/25 febbraio Firenze Teatro della Pergola
27 febbraio/3 marzo Genova Teatro Ivo Chiesa
5/11 marzo Bergamo Teatro Donizetti
13/17 marzo Padova Teatro Verdi
19-20 marzo Trieste Teatro Rossetti
22/24 marzo Reggio Emilia Teatro Valli
28-29 marzo Modena Teatro Storchi
12/14 aprile Ferrara Teatro Comunale
16/28 aprile Roma Teatro Quirino
29 aprile San Severino Marche (MC) Teatro Feronia
30 aprile San Marino Teatro Nuovo
14-15 maggio Sarzana (SP) Teatro degli Impavidi
16-17 maggio Bologna Teatro delle Celebrazioni
22-23 maggio Piacenza Teatro Municipale

prima nazionale 13/16 aprile 2023 Ancona Teatro delle Muse
18/23 aprile 2023 Milano Teatro Carcano

note

Neri Marcorè torna a confrontarsi con Fabrizio De André in un nuovo spettacolo di teatro canzone che fa rivivere sul palcoscenico La buona novella, album pubblicato dall’autore nel 1970.
Dopo il successo di Quello che non ho, Marcorè e il drammaturgo e regista Giorgio Gallione rinnovano il loro sodalizio artistico nel nome del grande cantautore genovese portando in scena il suo primo concept album. Di taglio esplicitamente teatrale La buona novella, è costruito quasi nella forma di un’Opera da camera con partitura e testo composti per dar voce a molti personaggi: Maria, Giuseppe, Tito il ladrone, il coro delle madri, un falegname, il popolo.
Ed è proprio da questa base che prende le mosse la versione teatrale.

«Questo spettacolo è pensato come una sorta di Sacra Rappresentazione contemporanea che alterna e intreccia le canzoni di De André con i brani narrativi tratti dai Vangeli apocrifi cui lo stesso autore si è ispirato: dal protovangelo di Giacomo al Vangelo dell’Infanzia Armento a frammenti dello Pseudo-Matteo. Prosa e musica sono montati in una partitura coerente al percorso tracciato dall’autore nel disco. I brani parlati, come in un racconto arcaico, sottolineano la forza evocativa e il valore delle canzoni originali, svelandone la fonte mitica e letteraria» scrive Gallione.
La valenza “rivoluzionaria” della riscrittura di De André sta nella decisione di un laico di affrontare un tema così anomalo per qui tempi».
«Compito di un artista credo sia quello di commentare gli avvenimenti del suo tempo usando però gli strumenti dell’arte: l’allegoria, la metafora, il paragone». Questa dichiarazione di De André è emblematica di come l’autore si sia posto, in tempi di piena rivolta studentesca, nei confronti di un tema così delicato e dibattuto dal punto di vista politico e spirituale.

La drammaturgia aggiunta da Gallione, recitata in gran parte da Marcorè, racconta l’antefatto de L’infanzia di Maria, svelandone la nascita ‘miracolosa’, e riempie il vuoto che va dall’infanzia del Cristo alla Crocifissione. «Un’elaborazione drammaturgica che in qualche modo completa il racconto, trasformando La buona novella non solo in un concerto, ma in uno spettacolo originale, recitato, agito e cantato da una compagnia di attori, cantanti e musicisti che penseranno l’opera di De André come un ricchissimo patrimonio che può comunque ben resistere, come ogni capolavoro, anche all’assenza dell’impareggiabile interpretazione del suo creatore» afferma l’autore e il regista di questo nuovo spettacolo.

(…) Perché riproporre La buona novella? Perché, per i tempi in cui è stata scritta, si è trattato di un discorso, a parer mio rivoluzionario. E questo per due motivi: ho preso spunto dagli Evangelisti Apocrifi armeni, arabi, bizantini, comunque uomini, scrittori non appartenenti alla confessione di Cristo, insomma non il suo ufficio stampa. Ne è derivata una desacralizzazione dei personaggi del Vangelo, a vantaggio, credo, di una loro maggiore umanizzazione. Ma quando scrissi La buona novella (1970) eravamo in piena rivolta studentesca e ai meno attenti, vale a dire la maggioranza dei fruitori di musica popolare, il disco apparve come anacronistico. Ma cosa andava predicando Gesù di Nazareth se non l’abolizione delle classi sociali, dell’autoritarismo, in nome di un egalitarismo e di una fratellanza universali? È un po’ come se io mi fossi rivolto ai miei coetanei che si battevano contro smisurati abusi di potere e di autorità e avessi detto loro: Guardate che lo stesso tipo di lotta l’ha già sostenuta un grande rivoluzionario 1969 anni fa e tutti sappiamo come è andata a finire.
Perché, a parer mio (di allora come di oggi) la lotta contro l’autorità, il potere e i suoi abusi, va combattuta ogni giorno individualmente: certo, ci sono momenti e casi eccezionali in cui è meglio lottare insieme, ma questo insieme deve essere una somma di individualità, non un branco di pecore che lotta in dome di un’ideologia astratta e che si ponga come obiettivo quello di rimpiazzare attraverso l’imposizione dei suoi dogmi lo stesso potere contro cui lotta, nella logica di “leva il culo tu che ce lo metto io”.
Ora compito di un artista credo sia anche quello di commentare gli avvenimenti del suo tempo usando però gli strumenti dell’arte: l’allegoria, la metafora, il paragone. Io osservando la lotta studentesca e le sue istanze, quelle giuste e sensate, ho parlato di un’altra lotta sostenuta da un uomo 2000 anni prima che aveva obiettivi analoghi.
(…) il culmine etico della Buona novella sta nel Testamento di Tito. Il ladrone buono confuta, uno per uno, tutti e dieci i comandamenti mettendo in evidenza la contraddizione tra le leggi emanate dalle classi al potere per proprio comodo, e le difficoltà di attenervisi da parte di chi il potere lo deve solo subire, e osserva quelle leggi, quando le osserva, solo per scongiurare la minaccio della repressione. La buona novella, a parere mio fu allora un album, un discorso assolutamente moderno e per certi aspetti lo è ancora oggi.
Fabrizio De André
La Repubblica – 14 marzo 1999


Il progetto teatrale su La Buona Novella è pensato come una sorta di Sacra Rappresentazione contemporanea che alterna e intreccia le canzoni di Fabrizio de André con i brani narrativi tratti dai Vangeli apocrifi cui lo stesso autore si è ispirato: dal protovangelo di Giacomo al Vangelo dell’Infanzia Armento a frammenti dello Pseudo-Matteo.
Prosa e musica, perciò, montati in una partitura coerente al percorso tracciato dall’autore nel disco del 1970. I brani parlati, come in un racconto arcaico, sottolineano la forza evocativa e il valore delle canzoni originali, svelandone la fonte mitica e letteraria.
Di taglio esplicitamente teatrale, costruita quasi nella forma di un’Opera da camera La buona novella è il primo concept-album dell’autore, con partitura e testo composti per dar voce a molti personaggi: Maria, Giuseppe, Tito il ladrone, il coro delle madri, un falegname, il popolo. Ed è proprio da questa base che prende le mosse la versione teatrale.
“Compito di un artista credo sia quello di commentare gli avvenimenti del suo tempo usando però gli strumenti dell’arte: l’allegoria, la metafora, il paragone”. Questa dichiarazione di De André è emblematica di come l’autore si sia posto, in tempi di piena rivolta studentesca, nei confronti di un tema così delicato e dibattuto dal punto di vista politico e spirituale.
Con La buona novella De André lavora certo a un’umanizzazione dei personaggi, ma questa traduzione cantata dai temi degli Apocrifi è fatta con grande rispetto etico e religioso. La valenza “rivoluzionaria” della riscrittura sta più nella decisione di un laico di affrontare un tema così anomalo per qui tempi che nei contenuti o nel taglio ideologico. Solo a tratti nel racconto appare l’attualizzazione; più spesso le ricche e variegate suggestioni immaginifiche, fantastiche e simboliche degli Apocrifi sono ricondotte a una purezza quasi canonica, e talvolta traspare la sensazione che esista, anche per l’autore, la sconvolgente possibilità che in Gesù umanità e divinità abbiano convissuto.
Traspare così un percorso parallelo nella interpretazione di De André, da una parte una innata tendenza a mettere in discussione tutto ciò che appare codificato, dogmatico o tradizionale, dall’altro una sensibilità che gli fa preferire tra le molte versioni degli Apocrifi sempre la scelta più nobile, matura e ricca umanamente, alla ricerca di un racconto forse meno sacro, ma sempre profondamente morale.

La drammaturgia aggiunta, recitata in gran parte da Neri Marcorè racconta l’antefatto de L’infanzia di Maria, svelandone la nascita ‘miracolosa’, e riempie il vuoto che va dall’infanzia del Cristo alla Crocifissione. Così 30 anni di vita di Gesù sono sintetizzati in un lungo racconto che ci svela un Cristo bambino anche stizzoso, impulsivo, che si serve dei suoi poteri talvolta per esibizionismo, sia quando accusato resuscita, per poi fa tornar morto, un bimbo caduto da una terrazza per farlo testimoniare a sua discolpa, sia quando in un passo di grande qualità poetica, guida i suoi compagni di gioco in una visionaria cavalcata sui raggi del Sole.
Un’elaborazione drammaturgica, perciò, che in qualche modo completa il racconto di De André, trasformando La buona novella non solo in un concerto, ma in uno spettacolo originale, recitato, agito e cantato da una compagnia di attori, cantanti e musicisti che penseranno l’opera di De André come un ricchissimo patrimonio che può comunque ben resistere, come ogni capolavoro, anche all’assenza dell’impareggiabile interpretazione del suo creatore.

Dalle note di Giorgio Gallione:
Con Neri Marcorè abbiamo scandagliato per anni il teatro canzone di Gaber, e già ci confrontammo con i materiali di Faber in un altro spettacolo, “Quello che non ho”, che intrecciava i pensieri e le canzoni di De André con gli scritti di Pasolini. Arrivare a “La Buona Novella” ci sembrava inevitabile. Qui ci appoggiamo inoltre ad un nuovo, efficacissimo arrangiamento di Paolo Silvestri, talentato, perenne compagno di avventure, e ad un ensemble di cantanti fortemente virato al femminile. Come a dire che “La Buona Novella” tratta certo della Passione di Cristo (per De André il più grande rivoluzionario di tutti i tempi), ma la racconta anche e sorprendentemente dalla parte di Maria, madre bambina inconsapevole e prescelta prima, straziata e piangente mater dolorosa poi. Quando Fabrizio la fa quasi imprecare sotto la croce “non fossi stato figlio di Dio, ti avrei ancora per figlio mio”, esplode tutta la tragicità del suo personaggio, amplificata e resa esplicita quando è cantata da una voce femminile e non solo evocata da un narratore. La teatralità, molto vicina ad una Sacra Rappresentazione arcaica e laica, l’abbiamo ricercata anche nell’impianto scenico, magicamente suggestivo, creato da Marcello Chiarenza. Una sorta di installazione mobile che rimanda simbolicamente a luoghi e sentimenti, reinterpretandoli poeticamente quasi in forma allegorica.

Note agli arrangiamenti
L’idea più importante per la realizzazione degli arrangiamenti musicali di questa nostra versione de “La Buona Novella” di De André è stata la scelta della formazione, tenendo presente che si tratta di uno spettacolo teatrale e non di un disco. Neri Marcorè ha una voce che si muove su una tessitura molto simile a quella di De André, al quale assomiglia timbricamente. Quindi in molti casi le tonalità utilizzate rispecchiano quelle originali. Ma in scena ci sono anche cinque donne che cantano, e volutamente non è un coro di voci omogenee. Ognuna di loro ha caratteristiche vocali e culturali diverse. Rosanna Naddeo è la protagonista femminile ed è un’attrice che canta, Giua è una cantautrice che si accompagna con la chitarra e le percussioni, Barbara Casini è una cantante specializzata nella musica brasiliana, percussionista e chitarrista, Alessandra Abbondanza è una cantante jazz e soul che suona la fisarmonica e il basso, e Anais Drago è una violinista virtuosa con un’impostazione sia classica che jazz e inoltre canta. E questo quintetto femminile così particolare è accompagnato da Francesco Negri che è un pianista jazz, ma con spiccati interessi verso altri generi musicali. A ciascuno di loro però viene chiesto di fare una musica diversa da quella che fa abitualmente e le varie caratteristiche diventano solo dei colori musicali che si incontrano e si fondono. E questo assieme un po’ inusuale è l’identità musicale dello spettacolo. Sulle mie partiture non ci sono i nomi degli strumenti, ma i nomi delle persone, con parti scritte appositamente per le specifiche qualità vocali e strumentali. Pur rispettando le versioni originali ogni canzone ha subito delle modifiche ritmiche, o armoniche senza mai cambiare la melodia, e la centralità degli arrangiamenti è quasi sempre il coro femminile presente in ogni brano. La caratteristica del violino è il continuo trasformismo. A volte è classico, virtuosistico o lirico, a volte popolare o addirittura etnico, altre modernissimo con l’ausilio di effetti elettronici. Il pianoforte sostituisce spesso ciò che nell’originale è la chitarra, ma con una funzione più orchestrale specialmente nei brani d’assieme, in qualche caso in maniera simile ad un’opera lirica, e in altri invece come in uno spettacolo di strada.
Paolo Silvestri

Note di Neri Marcorè:
Quando avevo più o meno 13 anni, una mia zia molto appassionata di De André mi regalò il vinile de “La Buona Novella”. Confesso che dopo averlo ascoltato un paio di volte finì nelle retrovie perché a quel tempo non fui conquistato né dalla musica né dai testi che componevano quello che può essere considerato uno dei primi, se non addirittura il primo, concept album della discografia italiana. Forse non era l’approccio più indicato, soprattutto a quell’età, per iniziare a scalare metaforicamente quella montagna che Faber, come lo chiamava il suo amico Villaggio, rappresenta ancora oggi. Tempo dopo cominciai ad apprezzare le sue canzoni grazie al doppio live suonato con la Pfm (al primo ascolto di un pezzo mi colpisce sempre più l’arrangiamento musicale, tra armonia e melodia; solo in un secondo momento pongo attenzione al testo) e da lì mi venne naturale esplorare la sua produzione fino ad allora e continuare a seguirlo nei dischi successivi, appassionandomi al suo sguardo originale sul mondo, alla cura delle parole, a quella voce profonda al cui registro, col passare degli anni, ho finito curiosamente per aderire. Al punto che circa dieci anni fa ho cominciato a eseguire parte del suo repertorio in concerti dal vivo, con la difficoltà di dover limitare la scaletta a una ventina di pezzi. Con Giorgio Gallione, il regista al quale sono legato da una collaborazione ormai ventennale, dopo aver messo in scena Gaber e molti altri autori, decidemmo di intrecciare le canzoni, le riflessioni di De André con le invettive e il pensiero di Pasolini, nello spettacolo Quello che non ho. L’impatto fu folgorante, tant’è che il cerchio immaginario non poteva che essere chiuso con una rappresentazione su De André o, per meglio dire, attraverso De André.
“La Buona Novella” infatti è un’opera polifonica che mediante metafora e allegoria parla dell’arroganza del potere, il quale mal digerisce gli uomini troppo liberi di pensiero, intralcio per l’esercizio del potere stesso, sia esso famigliare, religioso o politico. La spiritualità, intrinseca nel momento in cui si parla di Gesù e della Madonna, è però qui contemplata nella sua dimensione terrena, laddove “il più grande rivoluzionario della Storia” resta prima di tutto un uomo, con una fisicità che non lo rende diverso dai suoi simili. Eppure, nonostante i suoi limiti, ogni essere umano può compiere imprese straordinarie e dar vita a nuovi corsi ogni volta che non si pone al primo posto ma si mette al servizio di un bene superiore, collettivo.
Neri Marcorè

foto di scena

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