La morte a Venezia
liberamente ispirato a La morte a Venezia di Thomas Mann
drammaturgia e regia di Liv Ferracchiati
con (in o.a.) Liv Ferracchiati e Alice Raffaelli
movimento Alice Raffaelli
dramaturg Michele De Vita Conti
aiuto regia Anna Zanetti / Piera Mungiguerra
assistente alla drammaturgia Eliana Rotella
scene Giuseppe Stellato
costumi Lucia Menegazzo
luci Emiliano Austeri
suono spallarossa
produzione Spoleto Festival dei Due Mondi / MARCHE TEATRO
TSU Teatro Stabile dell’Umbria / Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
in collaborazione con Fondazione Piccolo Teatro di Milano -Teatro d’Europa
note
Nulla esiste di più singolare, di più scabroso, che il rapporto fra persone che si conoscano solo attraverso lo sguardo: ogni giorno, ogni ora s’incontrano, si osservano e nello stesso tempo, costrette per civiltà o per bizzarria personale a insistere nella finzione, conservano un contegno indifferente e staccato, non si salutano né scambiano parola.
Guardare ed essere guardati: la percezione dello sguardo sugli altri, su di noi e sul mondo. Nel romanzo La morte a Venezia Thomas Mann racconta le polarità complementari di giovinezza e vecchiaia: Aschenbach osserva fino a consumarsi il giovane Tadzio, sulle spiagge di una Venezia ambigua e malsana, come la misteriosa epidemia di colera che dilaga.
Che cosa rappresenta oggi Tadzio per noi? Aschenbach impersona la crisi e il conseguente declino della nostra cultura e del nostro mondo?
Lo sguardo è un senso iperstimolato oggi, il canale principale a cui si rivolge il sistema economico vigente, tanto, forse, da aver reso l’occhio un organo passivo. Sembra che tutto sia livellato, siamo assuefatti dalla violenza come dall’erotismo. La presenza umana, invece, è diversa. Il corpo davanti a un altro corpo non è immagine replicabile, vendibile, non può essere fruito in maniera passiva, non è statico e definibile, ci tiene in allerta. Lo schermo non ricambia lo sguardo, l’essere umano sì.
La scena teatrale allora è uno dei luoghi in cui riappropriarci di questa funzione attiva e lo sguardo dello scrittore, Aschenbach, si trasforma in flussi di pensieri che ritraggono e accendono l’Opera d’Arte Tadzio, che si esprime attraverso la danza. Parola e danza, quindi, si incontrano e, forse, si fraintendono come la lingua tedesca e quella polacca, in un conflitto insolubile tra parola e corpo, carne e pensiero. Uno scontro che ci scuote, che ci ricorda di scegliere cosa vedere e non vedere, che ci incoraggia a esistere e a stare nella complessità che non può essere ridotta o sintetizzata, che si oppone alla morte.
La Bellezza, ossia l’Arte, può contrapporsi alla morte se agisce su di noi come amplificatore, mentre se la si osserva passivamente può travolgere e consumare.
biografie
Liv Ferracchiati è un autore e regista italiano. Debutta nel 2016 con la sua prima scrittura e regia, Todi is a small town in the center of Italy. Nel 2015 fonda la compagnia teatrale The Baby Walk e inizia a scrivere e dirigere la Trilogia sull’Identità, esplorando il tema della strutturazione del genere: Peter Pan guarda sotto le gonne (Capitolo I, 2015), spettacolo premiato al Premio Nazionale Giovani Realtà del Teatro, Stabat Mater (Capitolo II, 2017) con cui vince il Premio Hystrio Nuove scritture di Scena 2017, Un eschimese in Amazzonia (Capitolo III, 2017), vincitore del Premio Scenario 2017. Nel 2017 Antonio Latella seleziona tre suoi lavori alla Biennale di Teatro. Ancora alla Biennale di Teatro 2020, una menzione speciale è stata attribuita dalla giuria a La tragedia è finita, Platonov, sua riscrittura dell’omonimo testo di Anton Cechov. È tra gli autori selezionati a partecipare all’edizione speciale École des Maîtres 2020, dedicata ai drammaturghi europei. È attualmente artista associato presso il Piccolo Teatro di Milano, per il quale ha realizzato Hedda. Gabler. Come una pistola carica (2022) da Ibsen e Come tremano le cose riflesse nell’acqua (2024), tratto dal Gabbiano di Čechov. Nel 2021 Marsilio Editori ha pubblicato il suo esordio nella narrativa: Sarà solo la fine del mondo. Con la produzione di MARCHE TEATRO, CSS Teatro Stabile di Innovazione del Friuli Venezia Giulia, Teatro Metastasio di Prato ha messo in scena nel 2022 il testo Uno spettacolo di fantascienza _quante ne sanno i trichechi.
Alice Raffaelli nasce a Rovereto (TN) nel 1991. Nel 2010 si sposta a Milano per frequentare il corso di formazione per danzatori della scuola civica Paolo Grassi. Oltre al percorso triennale partecipa a vari workshop internazionali. Negli anni lavora come interprete per Enzo Cosimi e collabora con autrici/autori con percorsi e linguaggi variegati come Cristina Rizzo, Luca Veggetti, Francesco Marilungo, Irene Russolillo, Camilla Monga, Ariella Vidach. Dal 2015 si affaccia al mondo della prosa grazie alla collaborazione con la compagnia The Baby Walk (nel progetto Trilogia sull’identità). Nel 2018 è tra le finaliste del premio Ubu in categoria miglior performer under 35. Fa parte di alcune realtà milanesi accumunate dall’interesse per la transdisciplinarietà (in campo performativo) come Kokoschka Revival, Fragile Artists e muovimi.